Antropologia dell’Arte. Volume II

Buon Lunedì! Dopo il post-presentazione di “Destinazione Palermo. La città riflessa”, in corso alla Galleria Elle Arte di via Ricasoli 45, a Palermo, e visitabile fino al 19 giugno 2015, dopo la pubblicazione del Volume I della mia specialissima “Antropologia dell’Arte”, nel quale ho analizzato le opere degli artisti aborigeni presenti alla mostra, ecco la seconda e ultima puntata, dedicata agli artisti italiani ma non siciliani e agli artisti non italiani.

Riflettendo sulle opere di Massimo Campi, Sergio Ceccotti, Cristiano Guitarrini, Tina Sgrò, Tino Signorini e Togo, gli artisti italiani ma non siciliani presenti all’esposizione “Destinazione Palermo. La città riflessa”, è palese che sono stati almeno una volta in Sicilia nel corso della loro vita e che di sicuro vi hanno trascorso periodi più o meno lunghi. Sono artisti che si sono mescolati ai locali pur rimanendo sul confine per certi aspetti: sono pure loro un po’ etnologi e osservatori partecipanti come la vostra Marga Rina.

Le loro opere sono pagine di un diario di viaggio scritto per immagini insomma, dove il taccuino dell’antropologo si è trasformato in una tela e le scene ricreatevi sono ricordi eternati.

Monte Pellegrino rimane baluardo sia ne “La Cala” di Massimo Campi, sia nel ridentissimo “Sguardo su Palermo” di Sergio Ceccotti….che ha addirittura aperto le finestre delle sue opere e si è trasferito su una terrazza panoramica per sorseggiare un caffè e mangiare cannoli e cassatine!

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Opere di Sarah Miatt e Tina Sgrò

Oltre a Monte Pellegrino, a farla da padroni sono i monumenti cittadini forse più popolari, ossia i Quattro canti visti di sera e resi magici da Cristiano Guittarini, la Cappella Palatina di Tina Sgrò e, già un ricordo attaccato al muro del suo spazio domestico, la Chiesa di S. Giorgio dei Genovesi di Tino Signorini.

Sono eco della memoria, sono rimembranze in alcuni casi lontani che si confondono con le esperienze presenti e con esse si fondono. A rappresentare questo star dentro e contemporaneamente fuori il quotidiano e il ricordo, tipico del confine transculturale è, su tutte, “Emozioni in Palatina”, dove sono le ombre, invece che gli ori lussureggianti dei mosaici, a prevalere e a ricreare un’atmosfera raccolta e quasi sacralizzata.

E veniamo agli artisti non italiani i quali, mi si conceda la licenza, sono pochi sì ma davvero molto buoni!

A dare il loro peculiarissimo contributo all’esposizione “Destinazione Palermo. La città riflessa” sono stati Peter Bartlett, Pedro Cano, Pascal Catherine e Sarah Miatt.

Siamo pienamente al livello dell’Alterità che arriva spesso da lontano per ammirare le curiosità e, a volte, le stramberie di una cultura spesso molto distante dalla loro anche se, richiamando la citazione di Italo Calvino su una delle sue città invisibili, “Le due Valdrade vivono l’una per l’altra, guardandosi negli occhi di continuo” e si amano di un amore particolarissimo.

Contrariamente a certe attese, le opere di questi 4 artisti hanno squarciato di netto il livello della forma per arrivare immediatamente alla sostanza intima, abissale e più radicata.

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Opere di Pascal Catherine e Togo

Prevalgono le prospettive particolari, l’attenzione per il dettaglio, ma anche il non visto e il non scorto: Pascal Catherine, in particolare, ha ritratto Palazzo Notarbartolo di Villarosa, uno dei tanti palazzi che si affacciano su Piazza Marina, stando dentro Giardino Garibaldi. Dal giardino attraverso le inferriate si intravede la facciata del palazzo cui Pascal restituisce un gioco di luci – le statue bianche –  ed ombre – i rami e le foglie dei ficus – davvero originale.

Attenzione al dettaglio e alla fusione tra elemento antropico ed elemento naturalistico rispecchia poi il “S. Giovanni degli Eremiti” di Pedro Cano, del quale sono presenti ben 3 opere: le cupole rosse sono trite e ritrite pare comunicare e pare amplificare l’importanza del connubio tra Natura e Cultura, cui ho accennato nel post-presentazione della mostra.

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S. Giovanni degli Eremiti – Pedro Cano

Profondissima, accentuata dalla scelta di colori cupi e “notturni”, è la facciata di palazzo Steri raffigurata da Peter Bartlett:  facciata sono divenute le preghiere e le urla dei condannati racchiusi dentro le carceri del Complesso, gemiti ed esecuzioni sommarie che soffocano tale facciata, la deformano per dire basta a tanta inutile sofferenza. Una lettura incredibile davvero.

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Palazzo Chiaramonte Steri – Peter Bartlett

Tre prospettive non nette ma dai confini quasi nettamente distinguibili quelle offerte dalla mostra “Destinazione Palermo. La città riflessa”: da una parte una visione vicina, cui si aggiungono esperienze di confine che, a sua volta, si arricchiscono di significato con visioni lontane ma altrettanto vicinissime al cuore e alla natura del nostro essere.

Andate andate andate a visitarla!