Artisti a Confronto: Maria Grazia Sessa e Roberto Fontana

Ed eccoci giunti alla seconda puntata di “Artisti a Confronto”, programma condotto dalla vostra Marga Rina che vede ospiti Maria Grazia Sessa (in arte Emmegi) e Roberto Fontana….se fosse un programma televisivo vi piacerebbe seguirlo? A me continua a piacere l’idea di intervistare accoppiati gli artisti della mostra collettiva “La grande cuvée”, ospitata da IMQ Immobiliare, in via Francesco Lojacono 6, a Palermo, fino al 23 dicembre 2021.

Il primo incontro di “Artisti a Confronto” ha visto protagonisti Tiziana Viola-Massa e Pascal Catherine (cliccate QUI per leggere il post dedicato) e sono davvero contenta che abbia avuto parecchia risonanza e che sia stato molto seguito.

Il secondo incontro vede, invece, protagonisti Roberto Fontana, artista siciliano cui ho curato la mia prima mostra personale (vi ricordate “Cerco Casa degli specchi con vita interiore”?), famoso per i suoi ritratti straniati e stranianti realizzati con tinte chiaro-scure e pennellate nitide e impattanti la superficie e Maria Grazia Sessa, marsalese d’adozione, che predilige le forme e le linee astratte e che, al contempo, è un’artista  a tutto tondo perché, oltre a dipingere, è fotografa, poetessa, giornalista e sommelier. Ho voluto incontrarli assieme perché, pur essendo vero che la loro espressività, le tinte, i temi e soggetti divergono tantissimo, la loro insoddisfazione o senso di incompletezza e sete di miglioramento li accomunano in modo straordinario. Mi è molto piaciuto “costringerli” a fermarsi un attimo a meditare sulla loro ricerca, termine che è venuto spesso fuori durante il nostro dialogo.

L’immagine del confronto

Ecco cosa mi hanno riferito!

Marga Rina: A Tiziana Viola-Massa e Pascal Catherine, che ho intervistato nel corso del primo incontro di “Artisti a Confronto” ho detto una parola che mi faceva pensare ai loro quadri e ho chiesto se si trovavano d’accordo: nello specifico erano PASSIONE per Tiziana Viola-Massa e RIFLESSIONE  per Pascal Catherine. Stavolta non la dirò ma vorrei che mi dicessi tu una parola con cui riesci a sintetizzare il senso dei tuoi quadri o, comunque, una parola che, secondo te, può contraddistinguere i tuoi quadri.

Roberto Fontana: La parola che un po’ contraddistingue il mio lavoro è sicuramente ricerca perché il mio è un lavoro di continua ricerca, non sono mai fermo ma cerca sempre di portare avanti, attraverso il gesto o, se vuoi, a ben rifletterci, anche  gestualità potrebbe stare bene come parola che contraddistingue i miei quadri. Il gesto è la ricerca che io porto avanti in qualche modo.

Una foto di “Cerco Casa degli Specchi con Vita Interiore”, personale di Roberto Fontana da me curata

Emmegi: Se devo sintetizzare con una parola quello che contraddistingue i miei dipinti userei semplicità. È la mia filosofia di fondo. 
Ho intrapreso una ricerca verso la semplicità, intendo riguardo al mio percorso di sviluppo nella pittura, che va dagli anni settanta con le opere giovanili ad oggi. 
Sono passata dalla complessità di forme e contenuti alla essenzialità, che a mio parere facilita la comunicazione e la lettura del fruitore, consentendogli una personale interpretazione emotiva. 
Anche questo gioco della composizione e scomposizione di elementi che prendono forma nei miei dipinti, e che realizzo attraverso l’uso quasi esclusivo dei colori, fa da supporto al concetto di semplicità.

Geometrie infinite, Rosso e Viola, di Emmegi

Marga: Cosa provi quando finisci un quadro?

Roberto: Dipende dal quadro, dipende dal mio lavoro (ride!), dipende dal mio momento, dal mio stato d’animo. Solitamente provo un po’ di insoddisfazione, nel senso che vorrei continuare  a lavorare e certe volte  a stento mi fermo perché ci metto proprio molta passione. Lavoro tanto e mi piace lavorare, cerco sempre di non far finire mail il momento creativo! Non so se, quindi, la parola giusta è insoddisfazione.

Emmegi: Un pittore non finisce mai un quadro, ad un certo punto decide di interrompere e, quindi, diciamo che lo finisce ponendo la firma e poi in genere non ne vuole sapere più nulla, almeno per me è così, ed in questo concordo con il grande Picasso.
Nel momento in cui un pittore lo reputa finito, come disse qualcuno più famoso di me, il quadro non gli interessa più e si dedica ad altro. 
Personalmente confesso che mi sento perplessa in quel momento e incerta di avere fatto le scelte giuste. Nel contempo finire un dipinto mi dà l’energia per cominciarne un altro. 

4 delle opere in mostra di Roberto Fontana E Maria Grazia Sessa per “La grande cuvèe”

Marga: E ora una domanda specifica per Roberto, che riguarda le tue tre opere in mostra. Conoscendo i tuoi lavori precedenti, questa piccola selezione si potrebbe intitolare “La grande svolta al paesaggio”! Come è nata? E confrontando i due piccoli formati con il tondo, c’è una differenza cromatica (e non solo!) netta…c’è una sorta di lento passaggio al non figurativo?

Roberto: La svolta al paesaggio è nata un po’ per gioco nel 2017, nel senso che io non avevo mai realizzato alcun tipo di paesaggio e, anzi, ho sempre visto il tema del paesaggio lontano da me. Però mi sono avvicinato perché mi hanno regalato tutta una serie di cornicette di diverse misure e questa cosa, un po’ per gioco, mi ha un po’ spronato a provare, per cui mi sono trovato un po’ di tele e un po’ di tavolette e ho cominciato a dipingere. Dipingendo, dipingendo sono usciti fuori questi paesaggi che, ovviamente, sono molto diversi dagli ultimi e dal tondo in mostra. In questi 4 anni, il tondo è del 2021, ho maturato l’idea del paesaggio, adesso so cosa volere dal paesaggio e rispetto a prima che era una ricerca, un divertimento, un gioco, per cui sì, sono molto diversi.

Senza Titolo di Roberto Fontana in una mia peculiare mise en place

E poi un lento passaggio al non figurativo, anche, in qualche modo sì, soprattutto negli ultimissimi, sto tornando un po’ più all’astratto anche se non mi interessa astrarre! Io lavoro in un certo modo, c’è al ricerca, io continuo a ricercare e succede che in un mese, ad esempio, lavoro a 10 quadri astratti e poi lavoro a un quadro più legato alla tradizione dal punto di vista dell’impostazione del colore. Quindi, un lento passaggio sì ma certo è che gli ultimi sono molto diversi da quelli del gioco iniziale.

Marga: Maria Grazia, andiamo alle tue opere in mostra. In “Blu e nero” e “Rosso e blu” ci sono linee che si incrociano e si intersecano, come strade colorate che…dove portano? In “Violoncello” prevale la sinuosità, non linee nette ma curve che si inseguono. Insomma, possiamo dire che il tema prevalente sia il movimento di idee che ti rendono così “multitasking”?

Blu e nero di Maria Grazia Sessa in una mia peculiare mise en place

Emmegi: Le due tele che fanno parte della serie “Percorsi” che tu definisci bene come delle strade immaginarie in realtà non iniziano, non finiscono, sono là, ognuno può scegliere quale prendere e scoprire dove porterà. 
Questi percorsi sono inseriti appunto, come dicevo prima, in una composizione scomposizione di forme che lascia al fruitore tutta la libertà di immaginazione. 
È come se il dipinto iniziato dal pittore si completi con le sensazioni del pubblico. 
Per quanto riguarda le linee rette e le linee curve, sì, hai ragione, sono spesso presenti contestualmente e questo perché sono ancora alla ricerca di capire cosa mi piace fare di più. 
In questa fase della mia produzione pittorica se preferisco le linee curve o le linee rette non lo so ancora e sto ricercando di capire. 
Il fatto che mi dedico a molte cose per lo più di genere artistico, cioè la scrittura, la pittura, la musica, non è solo una mia caratteristica, non è insolito ma anzi frequente in molte persone. Se guardiamo la storia dell’arte e la storia del letteratura la maggior parte degli artisti, mi riferisco a quelli riconosciuti universalmente e citati sui libri scolastici e non, si sono dedicati nella loro esistenza a più manifestazioni espressive artistiche, quindi sinceramente lo ritengo una cosa normale e per me è stato naturale, anche se non sono ancora sui libri di storia. Chissà … ai posteri l’ardua sentenza! 
Insomma voglio dire che non c’è confine fra un foglio bianco o una tela bianca, possono essere per l’artista l’inferno o il paradiso, dipende dall’attimo, dal momento della ispirazione.