Arte in vetrina: La Venere dei guardoni di Momò Calascibetta a Palazzo Riso

Martedì 21 giugno 2022, alle 18, presso la vetrina del Museo Riso di Palermo (via Vittorio Emanuele 365), si inaugura La Venere dei guardoni di Momò Calascibetta, a cura di Andrea Guastella

L’installazione, in dialogo con la Venere degli stracci di Michelangelo Pistoletto, attualmente in esposizione presso il Palazzo Reale di Palermo, rimarrà in mostra nella vetrina del museo sino alla fine di agosto.

Ad oltre cinquant’anni di distanza dal capolavoro di Pistoletto, nella Venere dei guardoni di Momò Calascibetta, la statua di Thorvaldsen ha voltato le spalle agli stracci, in cui non rovista più come un barbone, e non nasconde le sue grazie, anzi le mette in vetrina: come nella Maja vestida di Goya, gli abiti à la page che la ricoprono sono, più che un freno, un incentivo alla lussuria, al consumo sfrenato. 

Del resto la Venere “vestita” non rappresenta mai l’amore sacro, cui ben si addiceva la nudità di Pistoletto, ma il suo doppio profano. Anche i materiali hanno un peso diverso; figlia di un’epoca “leggera”, in cui l’essere è apparire, non importa che il suo corpo sia di cemento, di gesso o di marmo pregiato: una sagoma basta a impersonarla. 

Non a caso i veli che la cingono, come certi risicatissimi abiti neopunk, affermano fuori quanto forse dovrebbe restare celato: le ossa di un cadavere, un teschio all’altezza del pube. 

Se dunque riassumendo, Pistoletto si interrogava sul linguaggio dell’arte nell’epoca della sua riproducibilità, il focus di Calascibetta non è tanto sull’espressione artistica, articolata in modi naturali come il cucito o la pittura, quanto sui guardoni: i finali, destinatari o meglio le vittime, di un’arte corrotta dagli abusi del mercato e dalla pubblicità. 

Li ritroviamo ora, come nella Venere che esce dal bagno di Giambologna presso la grotta del Buontalenti, raccolti tutti intorno a Venere e vogliosi di guardare. 

Essi però, come è sempre più frequentato in tempi di trionfo del virtuale, non sono presenti in forma fisica. I loro volti “viziosi” si riflettono, vengono in Velázquez, o in tanti altri lavori di Pistoletto, su uno specchio collocato alle spalle della sagoma. 

Chi, traversando Corso Vittorio Emanuele, ritrovi per un attimo il suo volto in compagnia dei loro, non si preoccupi troppo. Venere non cambia, è sempre uguale. Il suo unico scopo, come è solito ripetere un amico banditore, è “diffondere amore”. 

Performance ed esecuzione da progetto – Francesca Annaloro atelier  haute couture