Sullo schiticchio

Salve Amici! Mentre vi annuncio che la Godot-iana non s’è ancora vista (chi mi ha letto sa ma chi non l’ha fatto clicchi pure su Godot-iana per documentarsi!), ho deciso di scrivere un post di rattoppo e pieno di toppe, che spero di riempire bene per occultare nudità indesiderate o, semplicemente, oscene.

In parole povere? Citerò più fonti possibile in modo tale che, se doveste risultare incuriositi dalla mia esposizione, potrete rivolgervi a loro per approfondimenti (lo scrivo sorridendo perché ho molto attinto sul web quest’oggi e, in genere, in questo grande mare a volte si pescano scarponi vecchi!).

L’immagine del post odierno l’ho trovata abbastanza evocativa perché, navigando tra i siti, ho scoperto essere molto usata per scrivere articoli e articoletti polemici MA nessuno riporta chi l’ha dipinta. Eccola:

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Grazie a blog-arte.net, ho scoperto che è stata dipinta, nel 1638, dal pittore fiammingo Jacob Jordaens e reca il titolo italianizzato “Il re beve” e, aggiunge la vostra Marga Rina, s’abbuffa e rischia di deflagrare!

L’ho scelta perché, da giorni, un termine, forse d’origine siciliana o forse d’origine calabrese, mi frulla nelle orecchie e manco genero suspence perché già l’avete letto nel titolo del post: schiticchio e, ad esso connesso, schiticchiata.

In 3….stavo per dirvi quanti anni ho! Riformulo subito! Da quando sono al mondo, non l’avevo mai sentito se non nelle ultime settimane. Esistono menù schiticchio in vari locali palermitani e addirittura siti che promuovono prodotti tipici siciliani e io non lo sapevo!

Così ho deciso di indagare. Intanto mi sono chiesta “che cos’è lo schiticchio?” e ho ricevuto dal web 2 risposte:

1) lo schiticchio indica un ricco pranzo consumato all’aperto, in particolare in campagna e in compagnia;

2) lo schiticchio è una grande mangiata, assai simile a un’abbuffata consumata insieme con altre persone.

Lo schiticchio o la schiticchiata (per molti sono sinonimi) sono pasti all’aperto consumati in compagnia: se ti abbuffi o meno, sono tue decisioni insomma!

Secondo alcune fonti, il termine schiticchio ha origini seicentesche, proprio come l’opera barocca di Jacob Jordaens, ma per molto tempo non è stato granché usato finché a rispolverarlo e a farlo tornare di moda è stato Andrea Camilleri. Ad esempio, in Voi non sapete (2007) ha scritto: “… una pacificazione generale che trova la sua celebrazione nello schiticchio, vale a dire una gran mangiata collettiva di rigatoni al sugo di porco e agnello al forno con patate innaffiati da interi barili di vino” ma anche in La strage dimenticata (1984) “…convenne un’allegra brigata di trecento persone…che si spansarono con una stiticchiata rimasta storica, una gran mangiata e bevuta”…da allora fino a oggi il termine pare essere divenuto d’uso comune e, aggiungo, davvero abusato.

Il motivo dell’abuso è presto scritto. Cosa si mangia per tradizione durante una scampagnata? Prevalentemente carne arrostita o pasta al forno cotta prima di lasciare casa no? Oggi, invece, con schiticchio si indica qualsiasi cibo da strada: panelle, crocchè, cazzilli, stigghiole, verdure varie in pastella, pani ca meusa, pani cunzato e altre prelibatezze!

Oggi schiticchio è divenuto sinonimo di cibo da strada o, come recentemente è stato rinominato, street food: sfido io un palermitano DOP a pronunciarlo correttamente!

Recentemente (e qui vi saluto innescando una miccia-riflessione) a street food è stata pure associata la parola festival, ricordate? Piazza San Domenico è stata chiusa al traffico per l’intero 19 aprile 2015 per festeggiare lo Street Food nostrano e con quale risultato? L’abbuffata dei vastasi.

A presto!

P.S.  A chi volesse approfondire segnalo un libro pubblicato nel 2009, dal giornalista messinese Guido Guidi Guerrera intitolato “Lo schiticchio: a tavola con il Padrino”.