Libri e dintorni: da Itaca l’ancella di Lisa Caputo!

 “Sempre devi avere in mente Itaca – 
raggiungerla sia il pensiero costante. 
Soprattutto, non affrettare il viaggio; 
fa che duri a lungo, per anni, e che da vecchio 
metta piede sull’isola, tu, ricco 
dei tesori accumulati per strada 
senza aspettarti ricchezze da Itaca. 
Itaca ti ha dato il bel viaggio, 
senza di lei mai ti saresti messo 
sulla strada: che cos’altro ti aspetti?”

(tratto da Itaca di Kostantinos  Kavafis)

“Allora provo a ingannarmi, provo a convincermi. La mia paura dei passaggi…eppure, quanti ne ho già superati? Dalle viscere al sole, dalla capanna al Palazzo, da bambina a donna. E ognuno di essi ha previsto un tributo da pagare. In lacrime, in sangue, in dolore. Che io ho pagato. E, per quanto difficili, tutti quanti li ho superati, per trovare, in fondo a ognuno di essi, la gioia, il senso…”

(tratto da L’ancella di Lisa Caputo)

Buon pomeriggio, cari Follower! Oggi, come ho anticipato nella pagina Facebook di Panormitania (seguitissima, sapete? Anche se, negli ultimi tempi, perde like come foglie autunnali…terra di pentitismo è!), con questo post la vostra Marga Rina inaugura una nuova rubrica! Dopo avere presentato e recensito mostre d’arte e intervistato un sostanzioso numero di artisti, ha deciso di cominciare a recensire libri freschi di stampa  e ad intervistarne gli autori! Ogni giorno è un nuovo inizio e oggi la vostra Marga Rina ha deciso di recensire il racconto vincitore della Sezione Narrativa della prima edizione del  Premio “Bent Parodi di Belsito” 2016, organizzato dalla Fondazione Famiglia Piccolo di Calanovella: L’ancella (Collana Tipheret, Bonanno Editore, 2016) della scrittrice palermitana (e amica) Lisa Caputo.

L’ancella è, solo all’apparenza, un racconto breve di un’ancella tra le tante che vivono nel Palazzo di Ulisse, a Itaca. E’ solo in apparenza un racconto in prima persona, una sorta di accorato diario-confessione delle ultime ore di vita di un’anonima donna che si appresta a lasciare un mondo dominato da uomini che discorrono solo a suon di spade e di inspiegabile efferata violenza.

Più le pagine scorrono, però, più si trasforma in una dilatazione rizomatica di attimi, di ricordi, di sensazioni: ed ecco che si rincorrono i ricordi sempre vivi di un’infanzia spensierata passata in compagnia delle persone care ma soprattutto, in compagnia e in commistione panica con gli elementi naturali e primordiali: ed ecco che la protagonista diviene “come l’acqua che s’adatta alla forma del contenuto” che vorrebbe vivere in un palazzo fatto di ragnatele “senza muri senza finestre, solo trame fitte e luce”, in mezzo a un “denso nido di alberi” e sotto un cielo azzurro frammentato dalle ombre dei fitti rovi che, in cambio di succose more, feriscono gambe e braccia e restituiscono alla cruda quotidianità che sta (ahimè) per scemare.

Ed ecco che emerge l’originalità dell’opera di Lisa Caputo: Itaca, per antonomasia la meta tanto agognata o punto stabile d’approdo sia da Ulisse sia da tutti coloro che ambiscono a raggiungere il successo e gli obiettivi di una vita di sforzi e di sofferenze, per Lisa Caputo è un punto di partenza per raggiungere altri mondi, per raggiungere l’Oltre, una realtà non realtà indefinita attraverso la quale passare per divenire spirito o, forse, ricongiungersi all’Uno-Tutto e alla Natura.

Perché quel che conta, in fondo, è vivere bene nel mezzo perché “è lì che io, che tutti viviamo, nello spazio tra le cose, fra le parti distinte di questo unico mondo che, in questo sogno […]chiamiamo vita”.

Ma ora basta svelare passi e brani tratti dal racconto, lascio a voi posteri lettori l’ardua sentenza di stabilire se ho fantasticato troppo e lascio la parola a Lisa Caputo che ha gentilmente risposto alle domande che seguono! Buona lettura!

Marga Rina: Ciao Lisa e ancora complimenti per il Premio che ti sei aggiudicata! Il tuo racconto, come ho sopra ricordato,  è vincitore della categoria “narrativa” del Premio Bent Parodi, edizione 2016. Come mai hai deciso di parteciparvi? Avevi già partecipato ad altri premi con questa o altre opere?

Lisa Caputo: Grazie! La decisione di partecipare al Premio Bent Parodi è stata, in un certo senso, casuale. Mi trovavo a Villa Piccolo, di cui Parodi fu Presidente per molti anni, nel giorno in cui il Premio fu presentato. È stato così, guardando il cielo azzurro di Capo d’Orlando, che è nata “L’ancella”.

A dei concorsi letterari o a delle “gare” avevo partecipato quando frequentavo il liceo, quindi per me la risposta è “sì e no” – quelle, insomma, erano una cosa diversa. In ogni caso, “L’ancella” è nata appositamente per il Premio Bent Parodi.

Marga: Secondo il regolamento, le opere partecipanti avrebbero dovuto affrontare temi riguardanti “tradizione, mito ed esoterismo”. In quale dei tre temi rientra la tua opera?

Lisa: In realtà credo di aver attinto a diversi elementi delle varie categorie. C’è il mito, dato che la vicenda si svolge a Itaca, nelle terre di Penelope e Ulisse. In un certo senso c’è la tradizione, perché in realtà molte delle cose, degli atti che descrivo hanno a che fare con una cultura antica che ha caratterizzato e, parzialmente, caratterizza ancora oggi le sponde del Mediterraneo. L’esoterismo, se c’è, è per così dire inconscio, dato che la protagonista esprime sì chiaramente il suo sentire, ma lo fa tra sé e sé, senza usare parole udibili dagli altri, dal “mondo”. In un certo senso, poi, credo di avere sfruttato uno spazio liminale fra le categorie, che per me è quello della spiritualità e, data com’è andata a finire, credo di aver imboccato una strada convincente.

Marga: Manca la dedica (sarà che l’hai scordato?!?). A chi hai dedicato questo racconto?

Lisa: Hai ragione! È strano come a volte succedono le cose. Qualche giorno fa, prima di questa intervista, rovistando fra vecchi libri ho trovato, scritta su un foglietto e non so se mai usata, questa dedica: “A mio nonno Enzo, perché gli devo buona parte di quello che sono oggi, anche al di là dei suoi desideri o volontà”, e, dato che davvero forse il caso non esiste, la cosa mi ha colpito, perché ho realizzato proprio in quel momento che non avevo dedicato il libro a nessuno e che, in effetti, questa era una frase che sarebbe sicuramente andata bene, avrebbe avuto un suo preciso significato per “L’ancella”. In realtà, però, forse la mia dimenticanza è stata dovuta al fatto che quello che ho scritto l’ho dedicato a me, parlandomi in silenzio, esattamente come la mia protagonista fa con se stessa.

Marga: Scrivi di luoghi, cui sono legati i ricordi più cari dell’ancella ma, soprattutto, le sue emozioni eternate. Ci sono scogliere e radure segrete, ad esempio. Ti hanno ispirata luoghi reali?

Lisa: Nella maggior parte dei casi sì, ed è per questo che dico che il racconto è dedicato a me stessa. La maggior parte dei luoghi sono reali e si collocano tra l’interno e la costa della Sicilia orientale: Castell’Umberto, dov’è nato mio padre e dove ancora c’è la casa dei miei nonni paterni in cui trascorrevo delle estati interminabili e bellissime; Gioiosa Marea, Capo d’Orlando e, più precisamente, San Gregorio, dove ho imparato a nuotare e a guardare l’orizzonte pieno di isole… Moltissimi dei ricordi dell’ancella sono i miei ricordi d’infanzia. In effetti, questi specifici luoghi e ricordi non sono solo un contorno. Non appena ho immaginato l’ancella, l’ho vista vivere in questi spazi – fisici e mentali – molto precisi. Il personaggio “ancella” è inestricabilmente legato al blocco di luoghi e ricordi in cui vive e si muove, tanto che non potrebbe esserci la prima se non ci fossero i secondi. In un certo senso sono appunto questi i due veri protagonisti della storia che racconto, ossia l’ancella e i luoghi della memoria.

Marga: Ci sono anche personaggi assai ben caratterizzati. Stessa domanda di prima: ti hanno ispirato persone a te care o che comunque conosci?

Lisa: In questo caso la risposta è no. Ho rubacchiato qua e là aspetti di persone reali, ma più che altro ho usato la mia immaginazione e, forse, ho “saccheggiato” i miei autori letterari preferiti, ma in maniera per lo più indistinta, quasi precosciente, lasciando che dalla mia memoria affiorasse ciò che sembrava più utile, più adatto in quel momento, per quello specifico personaggio.

Marga: Stai già scrivendo un’altra storia?

Lisa: Sto scrivendo delle “cose”. Se poi queste cose avranno una loro credibilità narrativa e diventeranno storie, credo che lo scoprirò quando poserò la penna e finirò di leggerle. Intanto, però, saggiamente cerco di godermi questo nuovo viaggio!