Gli scorci interiori di Francesco Caltagirone

Salve Amici…siamo a 9! Sì, oggi vi propongo la mia nona intervista ad un’artista panormitano al massimo (non a caso lavora alla Fondazione Teatro Massimo!), Francesco Caltagirone, che sta attualmente esponendo a Palermo, presso la Galleria Elle Arte, nella collettiva “Incipit 2016” e lo farà fino all’8 febbraio 2016.

Francesco Caltagirone, nato e cresciuto a Palermo, è un appassionato amante di Palermo, che ama ritrarre nei suoi multiformi e mutevoli scorci urbani. È un paesaggista sopraffino che ama legare insieme con un unico filo quello che Palermo è stata coi suoi monumenti e simboli più celebri, con quello che è, nella sua attualità, e che sarà coi suoi scorci e le sue novità future. Questo filo è un filo speciale, sapete perché? Perché è intriso di emozioni vissute, di sensazioni a volte sfuggenti, a volte fondamentali e profonde, proprio come quelle che prova per sua moglie e i suoi figli.

Conosciamolo meglio, mentre osserviamo le sue opere!

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Marga Rina: Ciao Francesco!

Francesco Caltagirone: Ciao!

M. R.: Palermo è il tuo soggetto preferito… ma è l’unico? O, di tanto in tanto, fai qualche piccola variazione sul “tema”?

F. C.: Preferisco creare opere su Palermo anche se mi sono pure cimentato su qualche natura morta e qualche ritratto. Ma il panorama urbano è quello che ha avuto la meglio! Mi piace lasciare una testimonianza della città così com’è…o forse, la abbellisco un po’ perché cerco di non far comparire tutte le storture che tutti noi notiamo- spazzatura ovunque! – e nei miei quadri non ce n’è neanche l’ombra. Preferisco edulcorare un po’ gli scorci che ritraggo! Anche se, a ben pensarci, dovrei per protesta metterla!

Mi sono cimentato anche nei ritratti ma, anche lì, ci vuole una buona esperienza e una buona pazienza. Al momento, però, il paesaggio urbano mi è più congeniale.

M. R.: Come mai nutri questo profondo amore (o sarebbe meglio dire passione?) per la nostra città?

F.C.: Vorrei cominciare con la passione per la pittura, che ho da sempre avuto e coltivato, anche se non in prima persona: mio padre, ad esempio, dipingeva, era un autodidatta; ho poi sempre visitato mostre e frequentato antiquari, per cui presto ho iniziato a collezionare quadri! Ho sempre prediletto i pittori dello Ottocento e del Novecento. Ad un certo punto, mi sono chiesto perché non cimentarmi io stesso nella realizzazione di questi quadri e ho cominciato: frequentando, infatti, antiquari, gallerie, aste si acquisisce una certa esperienza. Ho iniziato relativamente tardi a dipingere – sono circa 10 anni! – e sono convinto che con l’esercizio e la costanza tutti possano acquisire una certa tecnica per ottenere dei buoni risultati.

Sono addirittura convinto che ai bambini, anziché videogiochi, andrebbe regalato qualche pennello, qualche colore e una tavola da disegno: sarebbe la cosa più salutare che si potrebbe fare per un bambino.

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M.R.: Negli ultimi tempi, è molto in voga il fenomeno dell’art therapy, che consiste nel colorare speciali album da disegno (colouring book) e che è utilissima a ridurre lo stress e a facilitare il rilassamento…

F.C.: Vorrei raccontare, a proposito, un aneddoto sull’argomento. Quando io dipingo, mi astraggo totalmente e mia moglie, a volte, mi dice, un po’ scocciata, “Ma non ascolti quello che ti dico?”. Quando dipingo, mi astraggo del tutto, sono solo attento ai colori! Credo che sia un’esperienza comune tra i pittori: dipingiamo per ore quasi infischiandocene di quello che ci succede vicino.

M.R.: Tornando all’amore per Palermo…

F.C.: L’amore che provo per la nostra città è difficile da spiegare: è un po’ come quando un uomo ama una ragazza e se gli chiedono “cosa provi?” è per lui difficile rispondere! Certo, il mio è un amore pieno di contraddizioni in fondo! A volte la bilancia pende sul lato delle contrarietà cittadine, delle vere mostruosità, ma ci sono ancora delle cose meravigliose e mi rendo addirittura conto che la città è molto più bella di come la dipingo io.

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M.R.: Guardando la veduta di Palermo alle nostre spalle, da dove l’hai dipinta?

F.C.: Da un terrazzo della casa di amici che si trova in via Imera, dal quale si ammira uno splendido scorcio della città che permette di vedere pure Monte Pellegrino. Sul lato sinistro dell’opera si trovano i resti di un vecchio bastione, mentre sul destro si intravede la stazione della metropolitana in costruzione. In mezzo, ci sono i cortili interni dei palazzi.

M.R.: Normalmente dipingi dal vivo o a partire da foto?

F.C.: Dipingo dopo avere scattato delle foto da varie angolazioni. Non amo la pittura dal vivo perché la mia è più lenta, meditata: io dipingo, riprendo, cancello. Un quadro en plein air si dipinge in 3-4 ore, mentre, a volte per finire le mie opere ci impiego 3-4 mesi. E, inoltre, solo solito tornare sul luogo dal quale idealmente dipingo per vedere meglio gli scorci e il gioco delle ombre legato al trascorrere del tempo.

M.R.: La presenza antropica è praticamente inesistente nelle tue opere, tranne che nei suoi prodotti culturali, quali barche o edifici o automobili. Cosa mi dici a riguardo? Le tue sono atmosfere interiori o, appunto, “Vedute dell’anima”, come evocava il titolo della mostra alla Galleria Beatrice e nelle 11 sedi di Banca Nuova del 2014?

F.C.: Normalmente mi piace solo accennare qualche piccolo personaggio in lontananza, ma l’assenza di persone non è una scelta voluta, non sempre gli scorci che scelgo, nel momento che voglio cogliere, sono frequentati. La presenza della gente non rende più animate le mie opere, che già lo sono di loro. Ad esempio, i colori caldi di certe facciate le rendono vive e danno ugualmente l’idea d’essere abitate.

Ragionando proprio sui colori, vorrei fare un ringraziamento a mia moglie e te ne spiego il motivo: io sono daltonico e non riesco a vedere, se non alterati, certi colori e in particolare il rosso e il marrone; agli inizi, spesso mi diceva “Ma che colore hai dato a queste siepi?” e allora chiedevo a lei o ai miei figli di aiutarmi a miscelare i colori giusti per dipingere al meglio le siepi! Ormai dipingo per abitudine anche se certi colori non li vedo bene!

Per tornare alle vedute dell’anima, effettivamente nei miei quadri proietto le mie emozioni, quelle provate camminando in un vicolo dietro alla Cattedrale, oppure quelle provate un pomeriggio bellissimo in riva al mare, ad osservare le barche. Più, poi, parlo con i visitatori, più mi accorgo che queste emozioni le condivido con loro: anche loro riescono a sentire, guardando i miei quadri, quello che io stesso ho provato mentre li dipingevo.

Poiché ricevo questo tipo di apprezzamenti, mi piace continuare su questo tipo di scorci che accarezzano l’anima.

M.R.: Quale parola ti viene in mente se pensi alla Pittura?

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F.C.: Libertà! Quando 10 anni fa ho iniziato a dipingere, mi rendevo conto d’essere rigido nella pittura, forse perché avevo ancora poca esperienza e mi focalizzavo molto sul dettaglio architettonico, ero e volevo essere preciso. Ora il mio tocco è più fluido e molto più emozionale. [Osservando una sua recentissima opera sulla Cala] Poiché ho dipinto la Cala tantissime volte, ormai la ricordo a memoria che quell’opera l’ho dipinta senza guardarla aggiungendo particolari di fantasia, senza che il visitare stenti a riconoscerla! Ora dipingo un po’ come facevano i pittori impressionisti, ossia a ricordo, imprimendo le mie sensazioni in quello che ritraggo.

M.R.: Anna Maria Ruta, che è stata tua curatrice, ti ha collocato sulla scia di pittori vedutisti come Francesco Lojacono, Michele Catti, Ettore De Maria Bergler, Michele Cortegiani. Chi ti ispira di più? Posso osare Lojacono?

F.C.: Io ho osservato tantissimo Lojacono per interi decenni e conosco quasi tutte le sue opere. Dopo averlo tanto osservato, è chiaro che qualcosa m’è rimasto. È stato un grande pittore siciliano come Michele Catti o Antonino Leto senza tralasciare altri “piccoli” pittori come Nicolò Giannone o Francesco Camarda. Questi ultimi due sono dei pittori siciliani bravissimi ma poco noti e che andrebbero conosciuti.

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M.R.: Talvolta arricchisci le tue opere con parapendii e mongolfiere, come mai?

F.C.: Sono dei tocchi che servono a rendere più gioioso un quadro…e sono anche un ricordo d’infanzia perché, da piccolo, vivevo nei pressi di Boccadifalco e tutte le domeniche assistevo con mio padre ai voli dei parapendii.

M.R.: Quando sarà la tua prossima mostra?

F.C.: Probabilmente l’anno prossimo potrei riesporre presso la Galleria Elle Arte ma c’è in cantiere, per quest’anno, un’altra mostra in una pubblica amministrazione ancora da calendarizzare.

M.R.: Grazie e alla prossima mostra!