Dalla Germania alla Sicilia con una macchina da cucire per valigia: Intervista a Judith Boy

Bisogna farsi dare un posto dal lato del finestrino e sperare di arrivare in una giornata limpida e soleggiata. Ce ne sono anche d’inverno, perché in ogni stagione la Città ci tiene a fare sempre la sua figura. Quando l’aereo comincia ad abbassarsi, dal finestrino appaiono le scogliere rosse di Terrasini, e il mare color turchese e blu senza che si possa dire dove finisce il blu e dove comincia il turchese. Persino le case, i cosiddetti villini, ti possono sembrare magari troppi, ma visti dal cielo non mostrano la sciatteria con pretese di originalità che invece rivelano dal basso. Tu osservi tutto questo e pensi di essere arrivato nel posto più bello del mondo. Ammettilo: credevi di esserti fatto un’idea della Città e dell’Isola perché è difficile sfuggire ai luoghi comuni; ma di fronte allo spettacolo della costa intorno all’aeroporto ogni pregiudizio cade all’istante.

(Roberto Alajmo, Palermo è una cipolla)

Ci siamo date appuntamento nel piazzale di San Martino delle Scale, alle 17:30 di un sabato pomeriggio di metà aprile. Mentre attendo l’arrivo di Judith, osservo il convento spuntare timidamente da dietro il bosco fitto, circondata da un religioso silenzio che presagisce l’inizio di una conversazione davvero stimolante con Judith Boy, artista e costumista tedesca che, da quasi 11 anni, vive in Sicilia e più precisamente a San Martino delle Scale, in un “villino” immerso nel verde e nel silenzio.

Prima di iniziare a conversare con lei ho visitato le sue stanze recanti il suo originale tocco, sale e stanze che ha decorato proprio con il turchese e blu “senza che si possa dire dove finisce il blu e dove comincia il turchese”.  Ho pure curiosato nel suo laboratorio – cucina, pieno di rotoli di stoffe colorate, tessuti variegati e dove troneggia la sua immancabile macchina da cucire, con la quale ha srotolato chilometri e chilometri di filo sulle più variegate stoffe.

L’ho conosciuta in occasione della sua ultima mostra personale, “Blue Moon Sea” alla Libreria del Mare di Palermo, dove ha esposto le sue tele dipinte coi colori del mare, tra le quali spiccava la sua Santa Rosalia, Regina di Palermo tra i gamberoni, ma anche i suoi particolarissimi accessori, sciarpe, collane e abiti, che crea mixando stoffe antiche, che trova nei mercatini, con oggetti e materiali di riciclo che spesso trova per caso.

Per avere maggiori informazioni sulla sua biografia, se conoscete il tedesco, cliccate su questo link.

Intanto, leggete cosa mi ha raccontato! Spero riesca ad emergere il ritratto di una donna appassionata, amante del mare e del contatto con la Natura tutta, incluse le sue creature, tra le quali Biancaneve, la sua gatta.

Marga Rina: Hai scelto l’Italia per Amore?

Judith Boy: Per Amore dell’Italia sicuro, sì!

Marga: Perché ti sei trasferita in Sicilia?

Judith: Io mi sono trasferita in Sicilia quasi perché ho letto Palermo sehen und sterben [Palermo è una cipolla] di Roberto Alajmo. In questo libro non è lusinghiero nei confronti di Palermo, veramente no, ma, considerate tutte le contraddizioni che emergono da questo testo, Palermo a me è apparsa come una cosa magica. Io qua non conoscevo nessuno, sono venuta così, quasi all’avventura, perché pensavo che Palermo fosse un mito no? E mi sono trovata subito benissimo, quasi come a Friburgo, dove abitavo prima e dove ho avuto un atelier per un paio di anni, in piena Foresta Nera.

A Palermo devo dire che mi sono subito sentita a casa, nonostante i luoghi, la gente e la lingua fossero diversissimi dai posti in cui sono nata e avevo fino a quel momento vissuto.

La prima volta sono venuta in treno perché avevo la macchina da cucire, avevo colori e tante altre cose che ho sempre portato con me e così ho iniziato subito a lavorare e ho persino fatto subito una mostra dato che, dopo 2 settimane, ho conosciuto Maurizio Albanese [della Libreria del Mare di Palermo] e dopo avere parlato mi ha proposto di fare una mostra nella sua libreria e così ho cominciato e ho fatto delle altre mostre, durante una delle quali ci siamo conosciute.

Marga: Come nasce una tua opera?

Judith: I dipinti, ad esempio, nascono perché ho un’idea già precisa in testa, un’idea che si può anche sognare, non una cosa molto reale. Io comincio e l’opera cambia nel suo divenire. Diventa un esperimento. Ho un’idea che all’inizio è chiara ma, poiché le cose chiare a me non piacciono, aggiungo sempre un tocco di novità e anche di “infinito”.

Marga: E come nascono i tuoi abiti, gli accessori o le sciarpe?

Judith: Tutto dipende dai materiali che io trovo anche se ho un magazzino di stoffe di tutte il mondo già di mio perché realizzo e continuo a realizzare capi e costumi per le ballerine di un piccolo teatro in Germania. Io mischio queste stoffe, alcune delle quali preziose e pregiate con materiali che io trovo spesso andando sulla spiaggia, come la rete dei pescatori. Recentemente, in strada, ho persino trovato un abito da sposa! Trovo bellissime tende buttate via. Ho realizzato pure qualche vestito con la stoffa dell’ombrello o collane realizzate con la camera d’aria di un tir. Era enorme, era buttato in spiaggia, non era rovinato così l’ho pulito in vasca e poi l’ho ritagliato e faccio sempre esperimenti creativi con i materiali e gli oggetti che la gente butta via senza pensare che potrebbero essere riusati in modo originale. La gente, una volta che vede i miei accessori finiti, non credo a cosa era!

Marga: A cosa stai lavorando adesso?

Judith: Ho appena finito quest’abito da sposa [quello che indossa mentre chiacchieriamo] che ho trovato e ho cambiato completamente. Ho lasciato il sottogonna così com’era e ho bucato tutta la gonna per renderla scenografica: dopo avere praticato i buchi, li ho cuciti con una stoffa satinata e l’ho arricchita con la rete polycotton così la gonna sembra piena di coralli. Ho realizzato un cappello con questa rete e voglio pure realizzare una cinta e delle maniche.

Voglio pure bucherellare un kimono, coi cerchi simili all’abito da sposa e trasformarlo in uno stile tipo pop art.

Marga: Quando esponi in Germania, tra Friburgo, Mannheim Kulturbrüken e Heidelberg, le tue mostre sono molto più dinamiche e divertenti. Tu sfili e fai sfilare delle modelle in queste occasioni, vero?

Judith: Da noi gli artisti si organizzano tra loro e non è molto oneroso allestire una mostra, rispetto che a Palermo dove spesso le gallerie o molte sedi espositive chiedono delle spettanze fisse. Da noi, organizzi una mostra con poco e puoi rischiare anche di non vendere le tue opere perché le spese sono contenute e il divertimento è anche maggiore. Io organizzo le mie mostre in Germania soprattutto per il divertimento e, durante le inaugurazioni, io stessa e le modelle indossiamo abiti da me realizzati.

Marga: Hai già in programma una nuova mostra?

Judith: Il 29 aprile prossimo farò una mostra a Bad Rappenau in un castello con una delle tre associazioni di artisti delle quali faccio parte, Zeitkunst Baden Baden.