Artiste a Confronto: Eugenia Affronti e Ilaria Caputo

locandina evento

Ed eccoci giunti alla terza e ultima puntata di “Artiste a Confronto”, intervista doppia di due dei sei artisti della collettiva La grande cuvée”, che sarà visitabile fino a domani, giovedì 23 dicembre, da IMQ, in via Francesco Lojacono 6, a Palermo.

Artiste a Confronto: a sinistra Eugenia Affronti, a destra Ilaria Caputo

Il primo incontro ha visto protagonisti Pascal Catherine e Tiziana Viola-Massa, il secondo incontro Maria Grazia Sessa (Emmegi) e Roberto Fontana, mentre il terzo vedrà confrontarsi Ilaria Caputo, artista palermitana che ha inaugurato il ciclo “La vetrina di…” e che si contraddistingue per uno stile pittorico leggiadro ed elegante e attentissimo al dettaglio, e Eugenia Affronti, artista anch’ella palermitana, molto nota per il suo stile ironico e a volte giocoso ma che lascia anche molto spazio alla riflessione.

Leggete cosa mi hanno raccontato!

Marga Rina: Per prendervi alla sprovvista – dato che sapete qual è stata la  prima domanda che ho rivolto ai 4 vostri compagni di collettiva! – ecco cosa vi chiedo: dimmi 3 parole (e non sole, cuore, amore…o magari sì!) che, secondo te, evocano la tua Arte!

Ilaria Caputo: Una, sicuramente, è stata già detta ma è ricerca. È una ricerca a livello psicologico, simbolico, più basata sulle idee che non sul gesto. L’altra spero sia armonia e l’ultima serenità. Cerco sempre di dare serenità nelle mie opere, faccio sì introspezione ma cerco di concentrarmi sulle cose positive, sulle cose belle, non faccio un’introspezione tormentata, preferisco di andare su ciò che di bello c’è perché già la vita è difficile e pesante.

Ilaria Caputo – “Sguardo dall’alto” in mostra per “La grande cuvée”

Eugenia Affronti: La prima è ironia perché nei miei quadri c’è, nemmeno tanto velata, ironia che comunque mi contraddistingue perché la mia pittura è autobiografica, parte da un pensiero personale, da riflessioni, l’ironia fa parte proprio del mio carattere. Io affronto la mia vita con questa sorta di ironia dissacrante. La seconda è illustrazione perché i miei quadri nascono da un concetto illustrativo: io amo il fumetto, la vignetta e se si guardano i miei quadri sembra proprio di vederli come fossero una sorta di vignetta. La mia pittura è una sorta di illustrazione. La terza può essere riflessione perché c’è, anche nel mio caso, c’è sempre questa ricerca introspettiva, parto da una riflessione prima di lavorare sul quadro.

Eugenia Affronti -“I danzatori”, in mostra per “La grande cuvée”

Marga: La vostra pittura, in modo rimodulato, è tradizione. Eugenia Affronti inserisce nei suoi quadri i paladini, cassate e cannoli, mentre Ilaria Caputo, oltre ad avere dipinto pure lei i cannoli, ha questa passione quasi viscerale per le mattonelle e le ceramiche siciliane. Che rapporto avete con le tradizioni popolari?

Eugenia: Bellissima domanda perché la mia pittura si fonda su un omaggio alle tradizioni della nostra cultura, è indubbio però non è una tradizione classica, non è un volere rappresentale ciò che è tradizione convenzionale. Io vado un po’ oltre il concetto di tradizione. Pur tenendolo a mente, pur volendo fare un continuo omaggio alle nostre tradizione, soprasso il concetto, vado un po’ oltre la mera rappresentazione folcloristica. La mia pittura esula dal concetto di folclore pur restando legata alla tradizione che è importantissima e fondamentale.

Ilaria Caputo, “Cannoli in salotto”

Ilaria: Io, in alcune opere, ho inserito delle mattonelle tipicamente siciliane, anzi, della zona del messinese perché mio padre è originario di quelle parti e ho visto questo tipo di mattonelle anche nella mia casa di campagna che era la casa dei miei nonni paterni. Quindi per me la tradizione è più qualcosa che si riferisce alla mia vita, alle mie esperienze, al mio passato, la mia fanciullezza. Per questo motivo inserisco queste mattonelle. Per quanto riguarda i cannoli, li ho realizzati in occasione di una mostra dedicata ai dolci e, in quanto siciliana, mi piaceva rappresentare il cannolo che è uno dei dolci più tipici della Sicilia. Quindi la mia tradizione è più un discorso introspettivo, di ricordo e di memoria personale.

Marga: Questa è uguale per tutti e la ripropongo perché è la domanda che mi ha dato più soddisfazioni!  Cosa provi quando finisci un quadro?

Ilaria: Generalmente, se sono contenta del risultato, sono soddisfatta. A volte ci sono quadri che metto da parte, che si potrebbero considerare finiti ma per me non lo sono e ci ritorno anche a distanza di anni. I quadri firmati che io poi espongo li considero finiti e mi lasciano soddisfatta, anche un po’ vuota perché penso “Ho fatto questo e ora devo dedicarmi a qualcosa di nuovo per migliorarmi”. Ci sono opere che effettivamente lasciano un vuoto secondo me, ci stai tanto a lavorare, ci stai tanto a pensare e spero queste sono opere che all’inizio nascono male, hanno un percorso più tormentato e quando arrivano a conclusione ti danno più soddisfazione.

Eugenia: Io considero l’esecuzione di un quadro, dall’inizio alla fine, un vero e proprio parto! È un travaglio interiore, emotivo, costante continuo, è un insieme di emozioni, perché a volte sei insoddisfatta, temi di non riuscire a portare a termine come pensavi, è un’altalena di emozioni positive, negative, di soddisfazione, insoddisfazione. Quando poi termino, o meglio, nel momento in cui io decido che ho terminato perché uno potrebbe stare in continuazione a ritoccare, ad aggiustare, solitamente mi ritengo soddisfatta e dico sempre “Non lo tocco più perché altrimenti lo rovinerei”, dico sempre questa frase perché io parlo coi miei quadri.

Eugenia Affronti, “Orgoglio siculo”

Marga: E ora una domanda specifica per Eugenia Affronti. Il paladino è la tua via come hai dichiarato giorni fa su Facebook. Il tuo paladino danza, nuota , si arrampica sul teatro Massimo, ama, mangia e spesso finisce il situazioni tragicomiche. Se potesse parlare, cosa direbbe?

Eugenia: Il paladino parla per me. Quando mi chiedono come mai io faccia queste rappresentazioni strane del paladino, io ho sempre risposto che, essendo una pittura autobiografica, lui parla per me. Quindi, in realtà, direbbe le stesse cose che dico io anche durante l’esecuzione dell’opera. Perché io, quasi come una matta, mi ritrovo a parlare con questi paladini. Quando sono in ritardo a dipingere, ad esempio, gli dico “Non ti preoccupare che arrivo!”. Quindi direbbe le cose che dico io perché è il mio alter ego, è uno specchio, uno specchio dell’anima se vogliamo, della mia vita.

Marga: “Tra sogno e realtà”, questo, secondo me, sarebbe il titolo che meglio rappresenta la biografia pittorica di Ilaria Caputo. In esso realtà e onirismo coesistono, dialogano di continuo. Vuoi correggermi o aggiungere altro?

Ilaria: Mi sta bene, non ti voglio correggere assolutamente! Sì, è un po’ come una dimensione altra quella dei quadri. Penso per tutti noi perché, appunto, è un momento di introspezione, di riflessione, come è stato detto abbondantemente oggi, un momento in cui nasce qualche cosa che in parte ti rappresenta, magari dice qualcosa di te e manco te ne accorgi, esattamente come succede nei sogni. Tu magari vai a interpretare i sogni dopo che li fai e capisci delle cose. A volte altri capiscono delle cose tue, guardando i miei quadri, in un certo senso, è un sogno condiviso. Per esempio, l’altra notte, ho sognato che una mia amica faceva un disegno, ancora non l’ho fatto ma lo farò così poi glielo farò vedere per scoprire se è una cosa mia o della mia amica!