Alla ricerca della normalità con…Roberto Fontana!

Je n’eus sur moi plus de pouvoir et je ne m’appartins plus, du jour où elle me laissa mirer en ses yeux, miroir qui beaucoup me plaît. Miroir, depuis que je me suis miré en toi, les soupirs profonds m’ont fait mourir. Je suis perdu comme se perdit en la fontaine le beau Narcisse.

(Bernard de Ventadorn)

(Non ho più potere su di me e mi appartengo più, dal giorno in cui mi ha lasciato ammirare nei suoi occhi, specchio che mi piace molto. Specchio, poiché sono impantanato in te, profondi sospiri mi hanno fatto morire. Mi sono perso, come Narciso si è perso nella fonte)

Roberto Fontana, artista panormitano classe ’69 che, come la vostra Marga Rina ha scritto nella presentazione, esporrà fino al 7 novembre 2015 i suoi “Esercizi di Normalità”, presso la Galleria XXS – Aperta al Contemporaneo di Palermo. In mostra sono opere recenti di vario formato e a tecnica mista intorno ai temi del disagio e dello squilibrio psico-corporale, della disidentità e della condizione di solitudine e di marginalità dell’uomo contemporaneo: sono corpi, o parti amputate d’essi, spesso nudi e indifesi, dai volti piagati e quasi resi informi dallo spaesamento e dallo straniamento cui anche la quotidianità ci costringe, quasi ci umilia. Alcune figure paiono brancolare nell’ombra nei gesti perduti o, come leit motiv delle opere di Roberto Fontana, rifuggono in sé stesse perché dentro sé stessi alberga, quasi come una luce in fondo ad un tunnel interiore, alberga il più genuino io, un’oasi della pacificazione e che possa farci esercitare ad essere normali, ma ognuno a modo suo.

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La vostra Marga Rina, oltre a visitare la Galleria XXS per vedere da vicino le sue opere, l’ha incontrato e ha conversato con lui.

Ecco cosa mia ha raccontato mentre osservavamo le sue opere più recenti perché bisogna precisare che l’artista è attivo dall’inizio degli anni ’90 in varie mostre personali e collettive, come “Scongiuro: tra magia e superstizione“, ospitata da Palazzo Forcella de Seta proprio a luglio 2015 (ma per ulteriori info, cliccate qui).

Marga Rina: Ciao Roberto!

Flavio Caroli, storico dell’arte italiano molto noto, nel suo “Le tre vie della pittura” (2004), ha sostenuto che le tre caratteristiche dell’arte occidentale moderna  e contemporanea sono:

1) il “viaggio nell’anima”, ossia lo sforzo di descrivere con un dipinto la personalità del soggetto raffigurato;

2) l’attenzione alla luce;

3) l’attenzione al racconto.

Nelle tue opere, ci sono tutte e tre queste caratteristiche? Una, a guardarmi intorno, c’è di sicuro…

Roberto Fontana: Ciao! Sì, diciamo di sì.

La via dell’anima è ovvia perché sono, per lo più ritratti e autoritratti, nei quali compio questa mia ricerca di me stesso, cerco di riappropriarmi di me stesso e spingo gli osservatori a riappropriarsi di se stessi e della propria identità perché, tra virgolette, persi nella globalizzazione e nella massa.

Anche la luce è abbastanza evidente poiché io gioco molto con la luce e con le ombre. Dall’ombra e dall’oscurità, infatti, le mie figure sono sospinte verso la luce.

Forse la terza caratteristica è meno evidente nel senso che il racconto è quello che ho sviluppato meno negli anni ma che, probabilmente, sto cercando di potenziare più di recente. Comunque non mi appartiene del tutto.

M. R.: In tutta la sua vita, Rembrandt ha realizzato ben 46 autoritratti. Tu a quanti sei? Li hai contati?

R. F.: Ѐ un artista che io adoro!

In verità non li ho mai contati! Ce ne sono molti altri anche nel mio studio. In verità non lo so anche perché alcuni sono veri autoritratti, altri, anche se non sembra, sono anche autoritratti. Io tendo a creare figure che, in qualche modo, mi somigliano.

M. R.: Un centinaio?

R. F.: Forse anche di più! L’autoritratto è una costante nel mio lavoro.

DOGMEN, 2013 - Tecnica mista su tavola - cm 36x50
Dogmen

M.R.: I tuoi volti e i tuoi corpi sono deformati alla maniera tedesca. Rispecchiano la sensibilità tragico-deformante degli espressionisti tedeschi come Ernst Ludwig Kirchner e Emil Nolde. È per questo che Salvo Ferlito, autore del testo critico di “Esercizi di normalità” – ma anche di “Carnaio”, che hai esposto al Pensionato San Saverio di Palermo, nel 2012 – ti ha accostato a loro?

R. F.: Salvo Ferlito ha citato questi due artisti perché sono i più rappresentativi dell’espressionismo tedesco però, nel mio lavoro, non trovo molte somiglianze con il loro stile e nel loro sviluppo dell’espressione e del loro sentire.

M.R.: Altra triade è Sesso, Violenza e Solitudine le quali, secondo la giornalista di la Repubblica.it,  Laura Larcan, che ha scritto, nel 2008,  una recensione sulla mostra retrospettiva su Francis Bacon ospitata dalla Tate Gallery di Londra, sono questi i tre elementi che definiscono la condizione dell’uomo moderno, un uomo la cui anima si riflette in un corpo deformato e scomposto.

Ci sono tutte e tre nelle tue opere, quantomeno a livello simbolico?

R. F.: Sono le stesse caratteristiche delle mie opere. Ma credo siano le caratteristiche della mia vita odierna. Ecco perché sono così presenti. Bacon è stato importante per me intanto perché, dagli inizi, dato che io dipingevo un figurativo molto tradizionale, sono passato ad un approccio più gestuale e tra virgolette, astratto e informale attraverso la pittura e la conoscenza di Francis Bacon e quella di Bacon non si può definire né del tutto figurativa, né del tutto informale perché sta a metà tra questi due poli espressivi, non è né l’uno né l’altro. E quando ho avuto modo di conoscere i suoi lavori questo aspetto mi ha proprio colpito e mi ha portato verso una strada che ho cercato poi di sviluppare a modo mio, anche se il suo influsso è sempre presente.

Sesso, violenza e solitudine sono, poi, aspetti del sentire la vita che considero miei, c’è l’influenza psicologica della sofferenza, c’è la carne, il modo di trattare la figura attraverso questo lavoro sul corpo, questo fare uscire fuori la carne.

dunce
A destra, Dunce

M. R.: Sempre secondo la giornalista, l’uomo moderno è un animale in balia di un mondo senza dio e senza tregua. Questo “spiega” il fatto che nelle tue opere ci sono animali come il corvo, il maiale e l’asino nell’opera “Dunce”?

R. F.: Ѐ un asinello dipinto in modo veloce e simbolico. Potrebbe essere un qualsiasi animale e qualcuno m’ha detto che potrebbe sembrare un cane. Per me è un asinello perché è legato a questo copricapo. Io adoro Francisco Goya e sfogliando un suo catalogo m’è venuta la luce agli occhi vedendo un’immagine in cui c’era un inquisito sopra l’asinello con questo cappello a cono. Ho così deciso di dipingere qualcosa per evocare quel tipo di situazione.

M. R.: E cosa hai scritto di lato?

R. F.: Quel che ho scritto, in verità, non lo so neanche io nel senso che, nel momento in cui lavoro, mi passano in testa parole e pensieri che ho letto poco prima inerenti o meno al lavoro che sto facendo. A me serve la gestualità e ho voluto riempire questo spazio – ma anche altri! – con la scrittura. A me non interessava comunicare questo o quel messaggio, ma scrivere le parole che ho inciso: a me non interessa cosa ma come lo scrivo, proprio la gestualità. Ciò che scrivo non sono parole, ma gesti. In altri c’è qualcosa di scritto che tu riesci a leggere.

M. R.: Mentre leggiamo insieme il titolo a fondo rosso dell’opera di grande formato “I’m looking for”, noto che mi sembri una sorta di Narciso che sta cercando qualcosa oltre lo specchio, come nei versi di Bernard de Ventadorn…pari un Narciso che vuole quasi frantumare lo specchio per scoprire se oltre c’è qualcosa…

i'mlookingfor
I’m looking for

R. F.: Sono io che sto cercando me stesso. La scritta looking for estrinseca la mia ricerca interiore.

M. R.: Perché l’opera che campeggiava in tutti i comunicati stampa relativi a “Esercizi di Normalità” si chiama “Dogmen”?

R. F.: Dogmen perché le due figure tendono ad assumere il comportamento del cane durante l’accoppiamento. Quest’opera m’è venuta in mente guardando “Salò o le 120 giornate di Sodoma” di Pier Paolo Pasolini, in cui ci sono dei giovani, rinchiusi in una villa, seviziati da filonazisti. Mi ha colpito una scena nella quale c’erano ragazzi e ragazze nudi, trattati come cani, che camminavano a quattro zampe, dovevano mangiare dalle ciotole. A livello estetico mi piaceva l’immagine di queste figure nude che assumevano la posizione del cane mentre s’accoppia ma mi ha turbato profondamente a livello psicologico.

Beh, dalla conversazione con Roberto Fontana, la vostra Marga Rina, ha scoperto molti aspetti della sua pittura che ha deciso di non riportare per intero perchè, fino al 7 novembre 2015, da martedì a sabato, dalle 17 alle 20, è spesso alla Galleria XXS con i suoi “Esercizi di Normalità” ed è sempre disponibile per chiarimenti e per meglio farvi entrare, come una novella Alice, attraverso lo specchio delle sue opere, mediante la sua sensibilità e la sua profondità di spirito.